Un film per chi ama Haruki Murakami. Esordisco in questo modo nello scrivere la recensione di “Tony Takitani”, film realizzato da un racconto breve di Haruki Murakami, lo scrittore giapponese che ogni anno sfiora il premio Nobel per la letteratura. Il racconto fa parte del libro “I salici ciechi e la donna addormentata”, una raccolta di piccole storie dell’autore nipponico in vent’anni di carriera. La storia è a dir poco incredibile per la sua semplicità, cruda e spietata come la vita sa essere. Tony Takitani è un uomo con un nome un po’ assurdo nato nel dopoguerra giapponese. Il padre dopo aver fatto una vita agiata a Shangai, torna in Giappone povero e senza un parente ancora in vita. Un suo amico americano gli consiglia di chiamare il figlio, avuto con una lontana cugina, con un nome americano, internazionale. Purtroppo però proprio quel nome crea diffidenza tra le persone di quell’epoca e così Tony cresce nella completa solitudine, visto tra l’altro che il padre è sempre in tourné. Tony diventa subito autosufficiente, si iscrive all’università e diventa un designer importante, ma nonostante il successo professionale a Tony manca qualcosa che nemmeno lui sa cosa sia. Un giorno incontra per caso una donna un po’ eccentrica e se ne innamora. Inizia così una nuova vita, non più fatta di solitudine, ma piena dell’amore “per e di” una donna. Purtroppo però il destino di Tony Takitani è dietro l’angolo pronto a sorprenderlo.
Come in ogni mia recensione non entro mai nei particolari della storia per non fare “spoiler”, in questo caso rischio di non essere propriamente corretto nel descrivere la storia di Murakami-san. Però ci tengo a scrivere che “Tony Takitani” è qualcosa che va oltre il narrare la storia di un uomo, racconta dell’essere umano moderno chiuso in un mondo popolato da milioni di persone, ma che si sente profondamente solo. Una sensazione che ogni essere vivente ci convive, a volte lo relega da qualche parte facendo perderne le tracce, ma in alcuni invece è presente e si fa sentire opprimendo l’individuo. Il film è a dir poco eccezionale, riesce a trasportare su pellicola quella sensazione di solitudine che Murakami a impresso con le parole. Lento e a volte asfissiante, il film narra in modo lineare la vita di Tony. Una particolarità del film è che le inquadrature sono quasi tutte in sequenza da sinistra verso destra, come se si srotolasse un foglio di pergamena all’infinito, senza fermarsi. Per andare da una scena all’altra, la telecamera “viaggia” attraverso i muri senza interruzioni. Questo rende il film una “metafora sulla vita”, un incessante sequenza di avvenimenti. Purtroppo però il film non è adatto a chi non conosce la storia breve di Murakami-san, si rischia di annoiarsi perché in molte occasioni il lungometraggio è lento e qualche sbadiglio potrebbe uscirne fuori. Appena ho visto questo film sono andato subito a rileggermi la storia e sono rimasto a bocca aperta per come il regista sia stato fedelissimo al racconto. Le musiche poi sono incredibili, degne dell’autore, Ruichi Sakamoto. Come capita molte volte le musiche dei film caratterizzano la storia e diventano una perfetta colonna sonora. Nel caso di “Tony Takitani” invece le musiche non sono solo colonna sonora, ma sono anche piene di carica emotiva, Ruichi Sakamoto non poteva fare di meglio, è riuscito a mettere in musica la storia stessa, in una continua sequenza di dolci note di pianoforte piene di pathos. Un film bellissimo.
TITOLO ORIGINALE: TONY TAKITANI; REGIA: JUN ISHIKAWA; CAST: RIE MIYAZAWA, HIDETOSHI NISHIJIMA; DURATA: 75 MINUTI; ANNO: 2005; GENERE: DRAMMATICO.